#BohemianFocus: tra l’Opera e la fotografia

Volevo farlo già da un po’ di tempo, volevo parlare di questo workshop, per comunicare a voi lettori quello che mi ha trasmesso.
Purtroppo però sono stato veramente impegnato in queste ultime settimane, e quindi non ho potuto dedicare nemmeno una mezzoretta alla stesura di questo articolo… ma fortunatamente adesso sono un po’ più libero, quindi eccoci qua.

Dal 2 all’8 dicembre 2015, ho avuto la fortuna di essere selezionato per Bohemian Focus, il workshop gratuito di fotografia curato da Silvia Lelli e organizzato dalla fondazione Ravenna Festival.

Teatro Alighieri di Ravenna
Il teatro Alighieri di Ravenna. – foto di Roberto Turturro

Devo ammetterlo: quando mi sono candidato per questo workshop non conoscevo il nome di questo personaggio. Ho dovuto fare qualche ricerca per capire di chi si stesse parlando.
Quando ho capito che si trattava di una importantissima fotografa di scena e che ha trovato stabile impiego al teatro La Scala di Milano per moltissimi anni, ho realizzato l’importanza della questione.

Insomma, aveva visto con i suoi occhi (e con il suo obiettivo), gli artisti più importanti di fama internazionale, gli attori e i musicisti più acclamati dal mondo intero, di passaggio nella metropoli italiana.

L’iniziativa di Bohemian Focus

Ravenna Festival (e nello specifico la gentilissima Giorgia Orioli, che ci ha fatto da referente) ha svolto un compito di grandezza unica: ha permesso a dei giovani ragazzi qualunque di entrare in contatto con dei professionisti del settore artistico, a cominciare dalla fotografa professionista Silvia Lelli per poi continuare con tecnici, registi (tra cui spicca la presenza di Cristina Mazzavillani Muti, che ha ideato e diretto la sua personale versione della Bohème di Puccini), direttori d’orchestra e altri personaggi chiave del mondo del teatro e dell’Opera.

Infatti, lo scopo di Bohemian Focus era proprio quello di poter essere seguiti da Silvia Lelli, per ricevere critiche e consigli su come migliorare la propria tecnica fotografica e su come ricercare il “soggetto” perfetto in ogni situazione.
Non solo teoria, però, ma anche molta pratica: infatti per un’intera settimana, durante le prove della “Bohème” (G. Puccini) e di “Mimì è una civetta” (adattamento in chiave musical della stessa opera), abbiamo avuto libero accesso al Teatro Alighieri di Ravenna in ogni sua parte, e potevamo fotografare tutto quello che ci passava per la testa.

Bohème
I tre giovani artisti si scaldano nel gelido inverno (Bohème). – foto di Roberto Turturro

Il primo giorno Silvia ci ha fatto una panoramica sulla sua carriera nel settore della fotografia di scena e ci ha mostrato alcuni suoi scatti, descrivendoceli in maniera dettagliatissima e focalizzando la nostra attenzione su alcuni dettagli che a prima vista possono essere tralasciati, ma che per il fotografo devono essere fondamentali: la profondità di campo, la scelta del soggetto (o dei soggetti) su cui focalizzare l’attenzione, il livello di contrasto e di luminosità, la composizione della scena.

Sì, perché tra i vari consigli che ci ha dato ce n’è uno che mi è rimasto particolarmente impresso nella mente.
Il fotografo, secondo Silvia, è un po’ come un pittore: deve scegliere esattamente e con attenzione cosa inserire all’interno della foto. Infatti, se osserviamo un quadro di un importante pittore, vediamo vari soggetti e vari oggetti che, anche se possono sembrare messi lì quasi per caso, in realtà sono lì perché l’artista vuole comunicarci qualcosa tramite questi simbolismi.

Festa al quartiere latino (Bohème).
Festa al quartiere latino (Bohème). – foto di Roberto Turturro

La bellezza dell’opera

Non avevo mai avuto la fortuna di poter assistere a un’opera, e per di più così da vicino.
E poter assistere alle prove è ancora più incredibile, perché si può scoprire tutto quello che succede intorno allo spettacolo che il pubblico vede seduto su una poltrona.

Si può osservare il regista che sale sul palco per suggerire qualcosa a un attore; oppure il direttore d’orchestra che interrompe la scena (fermando quindi anche gli attori) per indicare ai musicisti come rendere meglio quel particolare momento o quell’altro; o anche i tecnici di palcoscenico, che preparano la scenografia dell’atto successivo, questa volta allo scoperto, senza la prepotenza del sipario, parlando tra di loro e magari scambiando qualche battuta con gli attori.

Tutto questo a fare da contorno alla bellezza dell’opera. Dico questo perché, da amante della musica quale sono, poso dire con certezza che è indescrivibile con semplici parole quanto sia emozionante assistere alla scena che si sta svolgendo sul palcoscenico (grazie ovviamente al grandissimo talento degli attori) mentre lì sotto, nel golfo mistico, un’intera sezione di archi sta enfatizzando il momento, giocando con la dinamica e i legati.

Il maestro Nicola Paszkowski e l'orchestra giovanile Luigi Cherubini
Il maestro Nicola Paszkowski e l’orchestra giovanile Luigi Cherubini. – foto di Roberto Turturro

Una performance davvero impeccabile per questa orchestra che stranamente ospita solo ragazzi e ragazze di giovane età: tutto questo a dimostrazione del fatto che una buona orchestra non necessariamente deve essere composta da persone “mature”, ma che anche i giovani possono esprimere la musica nel migliore dei modi, grazie anche alle indicazioni di un buon Maestro.

La difficoltà nel fare il fotografo di scena

Contro ogni mia aspettativa, ho capito che le foto di scena sono alcune tra le più difficili per un fotografo.
Infatti spesso si hanno dei contrasti di luce molto molto forti, così come degli scenari molto profondi, e spesso bisogna fare delle scelte su cosa fotografare, perché inevitabilmente qualcosa si andrà a perdere.

Un esempio fra tutti: due persone illuminate dall’occhio di bue, quindi molto luminose, mentre il restro della scenografia è piuttosto scura. In questo caso, a meno di ricorrere a tecniche più avanzate come l’HDR, o si decide di dare la giusta luce ai soggetti e perdere il resto della scenografia (che in foto verrà molto scura) oppure dare risalto alla scenografia e trovarsi i soggetti completamente bianchi, “bruciati” per così dire.

Sono foto difficili anche perché, visto che variano (spesso con estrema velocità) le condizioni di luminosità e i soggetti, non si ha mai molto tempo per modificare i parametri di scatto per adeguarli alle condizioni attuali, con la conseguenza che, spesso e volentieri, si ha un’occasione sola per fotografare (bene) una particolare scena.

E’ evidente che la teoria è fondamentale, in questo campo, ma serve anche molta, moltissima pratica. Ci vogliono tante foto sbagliate, ma soprattutto tante critiche da parte di chi ne capisce più di noi.
Perché solo con le critiche (se siamo in grado di ammettere i nostri errori) possiamo sforzarci di migliorare e progredire nella nostra tecnica.

Il bacio tra Rodolfo e Mimì
Il bacio tra Rodolfo e Mimì. – foto di Roberto Turturro

Per concludere

Sono stato fortunato, lo dirò sempre. Un workshop del genere, e per di più gratuito, non è un’occasione che si ripete due volte.
Questa è anche una lezione che dovrebbe smentire tutti quelli che dicono “nella nostra città non si fa mai niente per i giovani”; spesso le cose ci sono, solo che bisogna andarsele a cercare.

Devo un grandissimo ringraziamento ad alcune persone.

Prima di tutto a Silvia Lelli, che è stata così premurosa, paziente e disponibile nei nostri confronti, ascoltando e discutendo le questioni più assurde. E’ da ammirare chi decide di tramandare la propria esperienza alle nuove generazioni, per amore della propria passione.

Grazie anche a Giorgia Orioli (Ravenna Festival), che ci ha assistito ogni giorno di questa incredibile avventura, accontentando ogni nostra richiesta e dimostrando una totale disponibilità e cortesia che non sono poi così frequenti al giorno d’oggi.

Non posso mancare di ringraziare anche Cristina Mazzavillani Muti, che ha contribuito a rendere possibile questa meravigliosa esperienza e che si è mostrata aperta e gentile nei nostri confronti, smentendo il luogo comune dei “registi scontrosi e presuntuosi”.

Voglio concludere con alcuni link.

Se volete approfondire su Silvia Lelli, su zero.eu c’è una esaurientissima intervista.

Per conoscere meglio invece la Fondazione Ravenna Festival, e restare aggiornati sui numerosissimi eventi che organizza, visitate il loro sito ufficiale.

Per guardare invece le fotografie di tutti i partecipanti al workshop, c’è una sezione dedicata.

I miei scatti, oltre che nella pagina linkata qui sopra, sono disponibili anche sul mio profilo Flickr, nell’album “Bohemian Focus“.

Buona luce a tutti e… alla prossima!

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