Composizione: su pentagramma o su computer?

Oggi mi sono svegliato con un po’ di tristezza, non so per quale motivo. Mi sono svegliato con una melodia in testa, che probabilmente sintetizzava quell’emozione. Allora ho immediatamente tirato fuori un foglio di pentagramma vuoto e ho annotato la melodia, prima di dimenticarmela. Dopodiché ho fatto colazione e poi ho cominciato ad arrangiarla.

Che cos’è la musica? E’ una successione di suoni che nascono da varie fonti; potrebbero essere influenze conservate permanentemente nella propria memoria (un brano già ascoltato), ma potrebbero essere anche delle trasposizioni che il cervello elabora in quel momento, in quel preciso momento, sulla base di un contesto in quel momento unico. Un insieme di suggestioni create dai vari sensi può sviluppare quello che poi in molti finiscono per definire “ispirazione”.

Ma allora perché il pentagramma? Perché non possiamo registrare semplicemente il giro di accordi, o la melodia, con un semplice registratore? Beh, penso di iniziare ad avere un po’ di esperienza diretta per poter parlare senza temere di sparare sciocchezze: la composizione su carta, secondo la mia esperienza, mi permette di capire a fondo la melodia o l’armonia che sto creando, evitando di fare errori (e quindi creare l’incastro perfetto, che rispecchi esattamente quello che ho in mente in quel momento) e addirittura riscoprendo delle caratteristiche di quella melodia che altrimenti sarebbero andate perdute.

Diagonali cittadine
Diagonali cittadine. Foto di isa (Flickr)

Sì perché in realtà una melodia che può venirci in mente, anche la più banale, nasconde un sacco di cose. Ha il suo passato, le sue origini, una personalità propria. E trascrivendola su pentagramma le si da tutto lo spazio che le è necessario per evolversi e liberare tutte le sue potenzialità. Da una melodia apparentemente banale può nascerci una sinfonia, per assurdo.

Rispetto alla registrazione tradizionale (magari su un sequencer multitraccia, per aggiungere anche altri strumenti e sentire subito l’anteprima) è pericoloso perché rischia di farci crollare la concentrazione che abbiamo sul pezzo in favore di quella che il sequencer ci richiede per giudicare l’ensemble. Però ci vuole tempo per registrare bene, si rischia di fare errori e, cosa più grave in assoluto, rischiamo di memorizzare nella nostra testa una melodia sbagliata, frutto di eventuali limitate capacità tecniche (limiti di conoscenza degli strumenti che stiamo suonando e del software che stiamo utilizzando), con il pericolo di andare a bloccare la creatività e finire in un vicolo cieco.

Quindi voglio dare un consiglio a voi, musicisti che state componendo i vostri brani con quei quattro accordi su chitarra o su PC: studiate un po’ di musica, esercitatevi con il solfeggio, imparate a leggere e a scrivere le note su un pentagramma. L’impegno iniziale è molto grande, non posso negarlo (io personalmente ho iniziato a studiarlo quando già lavoravo e il tempo a disposizione non era così tanto), ma la gratificazione e l’enorme potenza che ti viene restituita successivamente, non ha prezzo.

Anche perché, quando le band producono dei brani e dei dischi spettacolari, perfetti, in cui tutto è incastrato alla perfezione, non crediate che sia nato tutto così, per caso, in sala prove! Vedi i Dream Theater, in cui ogni nota non cozza mai con le altre né con gli altri strumenti, e basso, chitarra e tastiera possono arrivare a creare melodie indipendenti tutte e tre contemporaneamente, senza che mai vadano a stancare perché è tutto calcolato, su carta, per non dare fastidio e creare un insieme che funzioni.

Buona musica a tutti!

In copertina: SPARTITO, di rotgas .. (Flickr)

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